Vincenzo Valente, compositore italiano, nacque il 21 febbraio 1855 a Corigliano Calabro, provincia di Cosenza, in Calabria. Era figlio dei possidenti Nicola Fabio Valente e Maria Teresa Bovio. Trascorse la fanciullezza nel paese natio e, grazie ai genitori forniti di buona cultura (il padre era un umanista e scriveva poesie), ebbe in casa un discreto clima culturale e artistico. Per dare modo al figlio Vincenzo di studiare musica ad alto livello il padre decise di trasferirsi a Napoli con la famiglia.
Frequentò la scuola di Musica del maestro Salvatore Pappalardo, sostenitore della musica strumentale da camera. Imparò a comporre musiche classiche e sacre, si appassionò a Rossini e a Beethoven (teneva le immagini di quei due grandi in capo al suo letto di ferro bianco); ma l'amore più forte fu quello per la canzone.
La sua prima canzone "'Ntuniella" (T'aggi' 'a parlà 'no poco) su testo di Raffaele De Lillo il ragazzo compose nel 1870 all'età di quindici anni.
Nel 1881 si cantava una canzone buffa di Vincenzo Valente "Scennite le ccazettelle" composta su testo di Francesco Paolo Leone (Don Ciccillo); in essa si beffavano i colletti altissimi paragonati alle cazettelle, cioè ai lucignoli.
L'incontro con il grande poeta Salvatore Di Giacomo avvenne nel 1883. La loro prima canzone "'A capa femmena" ('Nzunchete, 'nzù) fu presentata alla Piedigrotta 1883 ed ebbe un successo così dilagante che, a Pasqua dell'anno seguente, mentre il colera imperversava, mietendo vittime a migliaia, per le strade, i vicoli e le piazze di Napoli non si cantava che il fatidico "'Nzunchete, 'nzù" del ritornello della trionfante canzonetta. L'intesa con Di Giacomo portò ad altri capolavori: "'A sirena", "Canzona amirosa", "'E ccerase", "Matalè!", "Tango napulitano", "Tiempe d'ammore", "'A pizzaria 'e don Saveratore".
Valente fu uno dei fondatori della canzone napoletana d'autore. Per merito di musicisti come Vincenzo Valente e di poeti come Salvatore Di Giacomo, la canzone napoletana, sul finire dell'Ottocento, assurse a vera e propria opera d'arte.
Vincenzo Valente eccelse anche nella "macchietta", canzone satirica, elevata da lui a forma d'arte. Una delle prime di queste macchiette, su versi di Ferdinando Russo, era "L'elegante". E per tutte le composizioni di questo genere, basterà ricordare: "Pozzo fà 'o prevete?", "'O pezzente 'e San Gennaro" – i cui deliziosi versi sono di Ferdinando Russo, – "Don Saverio", "'O rusecatore" su versi di Pasquale Cinquegrana.
Temperamento tenace, volitivo, forte, come la nativa Calabria, donde s'era trasferito ambientandosi nella città partenopea meglio di uno stesso napoletano di origine, Valente acquisì di Napoli tutta la passionalità e la giovialità.
Nel 1879 sposò la napoletana Virginia Cavalieri, dalla quale ebbe sei figli: Nicola (compositore celebre come il padre), Vittorio, Valentino, Francesca (nata morta), Mario e Federico. Un giorno Vincenzo Valente passeggiava al Vomero col figlio Nicola. Una signora s'avvicinò, e, rivolta al più giovane dei due, domandò: "Scusate, siete voi il celebre maestro Valente?". "Sì… sono io!" rispose Nicola, inchinandosi. Il padre, togliendosi il sigaro dalla bocca, borbottò: "E io chi sono?"
Nella sua casa di Napoli, in via Cesare Rosaroll, Valente raccolse i maggiori poeti e musicisti dell'epoca, e fu il primo a intuire le doti di Giambattista De Curtis, vicino di casa. Gli musicò "Che buò fà?" ('A Pacchianella), poi "Ninuccia", "Tiempe felice", "Bammenella" e altre. Collaborò con altri grandi poeti tra cui erano: Roberto Bracco "Comme te voglio amà!", Adolfo Genise "Luna curtese", Pasquale Cinquegrana "Muntevergine", Giovanni Capurro "Suonno passato", Eduardo Nicolardi (coautore Ernesto Murolo) "'O scuitato", Aniello Califano "Tiempe belle" e molti altri.
Talvolta Vincenzo Valente usò pseudonimi, ad esempio alla Piedigrotta Bideri 1893 firmò come Andrea Tulipano "Mme voglio mmaretà!". Alla fine il conto fu di circa 500 canzoni.
Il consenso popolare non gli bastava e Vincenzo Valente andò a cercare gloria europea in Francia. Rimase cinque anni (dal 1909 al 1914) prima a Marsiglia poi a Parigi. Oltre alla musica per commedie e atti unici, scrisse dieci operette fra cui "Rosaura rapita" su libretto di Salvatore Di Giacomo, "Signorina Capriccio", "Vertiges d'amour" (scritta su testo francese) e la famosa "I granatieri", rappresentata per anni ed anni in tutta Italia ed all'estero.
Nel 1890 fu nominato Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia.
Tanta gloria non ebbe riscontri economici; Valente fu costretto a trasferirsi con la famiglia dall'ampia casa di via Cesare Rosaroll a un modesto alloggio di via Saverio Baldacchini.
Vincenzo Valente morì il 6 settembre 1921 a 66 anni, alla vigilia della Piedigrotta. Tra festa e lutto si cantò l'ultima canzone sua, "È Napule!", con versi di Eduardo Nicolardi.