Signorinella pallida,
Dolce dirimpettaia del quinto piano,
Non v'è una notte ch'io non sogni Napoli,
E son vent'anni che ne sto lontano.
Al mio paese nevica;
Il campanile della chiesa è bianco,
Tutta la legna è diventata cenere,
Io ho sempre freddo, e sono triste e stanco.
Amore mio,
Non ti ricordi che nel dirmi addio,
Mi mettesti all'occhiello una "pansé"?
Poi mi dicesti con la voce tremula:
"Non ti scordar di me!"
Bei tempi di baldoria!
Dolce felicità fatta di niente.
Brindisi coi bicchieri colmi d'acqua
Al nostro amore povero e innocente.
Negli occhi tuoi passavano
Una speranza, un sogno, una carezza.
Avevi un nome che non si dimentica;
Un nome lungo e breve: Giovinezza!
Il mio piccino
In un mio vecchio libro di latino
Ha trovato – indovina! – una "pansè".
Perché negli occhi mi tremò una lacrima?
Chi sa… chi sa perché!
E gli anni e i giorni passano
Eguali, grigi, con monotonia.
Le nostre foglie più non rinverdiscono…
Signorinella, che malinconia!
Tu, innamorata e pallida,
Più non ricami innanzi al tuo telaio;
Io, qui, son diventato il "buon don Cesare",
Porto il mantello a ruota. E fo il notaio.
Lenta e lontana
Mentre ti penso, suona la campana
Della piccola chiesa del Gesù…
E nevica… Vedessi come nevica!
Ma tu… dove sei tu?